o quello della raccolta degli avanzi della lavorazione
di lana e stoffe e della produzione di vestiti a buon mercato
e coperte di vari pezzi e colori, dette centones, che venivano
utilizzate anche per spegnere il fuoco in caso di incendio (centonarii).
La produzione dei tessuti era peraltro collegata strettamente
con lallevamento e quindi con la grande risorsa che doveva
essere costituita dai pascoli: ed è probabile che a controversie
con i Trentini proprio sullutilizzo dei pascoli dalta
quota fosse legata la presenza delliscrizione già
menzionata sulla parete rocciosa del monte Pergol, che segnava
esattamente i confini dei due municipia in quella zona impervia.
Sempre alla lavorazione dei tessuti e in particolare alle
operazioni di lavaggio e di coloritura che venivano effettuate
nelle lavanderie-tintorie (fullonicae) sembrano anche da
riferire le laminette in piombo iscritte in latino corsivo rinvenute
negli scavi di Piazza del Duomo, che, come in più di un
caso documentato sia in Italia che in altre regioni, si ritiene
fossero targhette con nomi di persona e indicazioni (colore, tipologia,
numero di capi) verosimilmente relative alle stoffe o ai capi
di tessuto a cui venivano applicate.
In un clima economico relativamente fiorente, che le testimonianze
archeologiche documentano tale fino alla fine del IV secolo d.C.,
i programmi di edilizia pubblica di Feltria non dovevano essere
modesti. Nulla se ne conosceva fino ai rinvenimenti effettuati
in tempi recenti in Piazza Maggiore, presso la sommità
del colle.
marciapiedi, che correva con andamento grosso
modo ovest-est ai piedi del rilievo del colle verso cui si dirigeva,
e una seconda che si staccava dalla prima procedendo verso sud.
Di fronte alla convergenza delle due strade si apriva verso la
pendice collinare uno slargo lastricato in pendenza, da cui prendeva
lavvio una scalinata che doveva servire a superare più
velocemente, come accade anche nella città attuale, un
tratto di dislivello dellimpianto urbano che risaliva verso
monte. Tra le costruzioni messe in luce una casa, solo parzialmente
individuata al margine occidentale dello scavo, aveva, oltre la
soglia, un vano di ingresso con piano in cubetti di cotto e due
ambienti adiacenti pavimentati in mosaico; unaltra abitazione,
con sviluppo terrazzato a ridosso del pendio, si affacciava sulla
strada lastricata con una bottega. Poco più avanti, dalla
parte opposta della stessa strada, prospettava invece un edificio
con caratteri diversi dalla normale edilizia abitativa; ne sono
stati messi in luce tre grandi ambienti con sviluppo assiale nord-sud
(ma la struttura proseguiva oltre i limiti dello scavo), con intonaci
affrescati alle pareti (recuperati in frammenti) e pavimenti rispettivamente
in riquadri marmorei (opus sectile) nel primo vano, in mosaico
nel secondo, e in pietra con fasce marginali in battuto di malta
nel terzo, che doveva essere un cortile porticato. In marmo era
rivestita anche la parte inferiore delle pareti del primo ambiente,
e marmoreo era il paramento di sei basi che vi si trovavano addossate
a coppie a tre delle pareti, probabilmente per reggere statue.
A questo edificio apparteneva forse anche una grande statua marmorea
di Esculapio, rinvenuta nello scavo non più nel suo originario
contesto; databile alla seconda metà del II secolo d.C.,
essa costituisce un bellesempio di arte colta, e testimonia
lesistenza di una agiata committenza locale, forse la stessa
a cui pare si possa attribuire la costruzione appena descritta.
È probabile infatti che in tale costruzione si possa riconoscere
la ricca sede (schola) di alcune associazioni professionali (di
dendrophori, fabri e centonarii) la cui esistenza è attestata
da due basi iscritte rinvenute in questa stessa area in passato.
I membri di tali associazioni una sorta di industriali del
tempo gestivano aspetti importanti della vita economica
della città, come quello del commercio del legname, che
giungeva per fluitazione fino alla pianura, al quale era legata
lattività dei dendrophori;
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